Giu 042011
 

PAOLA VILLANI
SCARLINO. È giallo sulle emissioni dell’inceneritore di Scarlino: «Non ci sono controlli pubblici e quelli dell’azienda sono in contraddizione», dicono dal comitato per il No all’inceneritore supportando la dichiarazioni con tanto di dati, numeri e ricerche scientifiche. La battaglia contro l’impianto di Scarlino arriva ad un altro round: il comitato, insieme al coordinamento provinciale dei gruppi ambientalisti e all’associazione Las, (Lavoro Ambiente e Salute) torna all’attacco. Punto nodale della questione stavolta sono i controlli che – dicono – non sono pubblici e di conseguenza a parere loro manca un’informazione precisa e dettagliata che metta a conoscenza i cittadini su ciò che quell’impianto produce a livello di inquinamento (diossine e metalli pesanti in primis). «Da quando l’inceneritore ha iniziato a bruciare il Cdr (combustibile da rifiuti) non abbiamo avuto notizia di verifiche pubbliche, se non una voce su un controllo dell’Arpat fatto a febbraio scorso del quale non abbiamo però certezza, mancando gli atti» spiega Elisabetta Menchetti, del coordinamento provinciale. «In più quando andiamo a leggere i dati forniti dall’azienda, (che si riferiscono al 2009 quindi quando ancora si bruciava solo biomasse) ci accorgiamo che le emissioni vengono suddivise in due parti, perché esistono due camini dai quali escono i fumi: quindi è come se si dividesse in due l’inquinamento prodotto e non lo considerasse nel totale, e cioè quello che veramente arriva sul territorio. Questi dati pubblicati sul giornalino dell’azienda poi sono in contraddizione perché prima si parla di un valore di diossina poi subito dopo in un altro schema andando a fare i calcoli quel dato aumenta, sforando i limiti previsti dalle norme. Dobbiamo poi aver ben presente che il momento di maggior inquinamento avviene quando l’impianto si ferma e riparte: in questi frangenti i controlli dovrebbero essere rafforzati e invece non abbiamo nessun documento che ci indichi che cosa accada. Dal primo dicembre al primo maggio l’inceneritore si è fermato ben 8 volte: le emissioni di diossina crescono e non di poco». Dal comitato raccontano poi che la risposta fornita da Arpat al sindaco di Follonica a gennaio, sugli odori che arrivavano dall’area dell’impianto, si riferiva esclusivamente ai dati forniti dall’azienda. «L’amministrazione in questo caso non poteva richiedere altre verifiche? – si domandano -. Quello che continuiamo a chiedere agli organi competenti, è che si effettuino esami pubblici e a sorpresa, e che la promessa di creare un’agenzia di controllo (fatta dal presidente della Provincia) venga rispettata, abbandonare le finzioni e guardare in faccia la realtà, perché le diossine e i metalli pesanti possono causare patologie gravi».

Fonte: Il Tirreno del 29/05/2011