Feb 182014
 

A seguito della presentazione, presso la sala consiliare del Comune di Scarlino,  del progetto per la bonifiche delle acque di falda nella piana del Casone il 6 febbraio apparve sulla stampa un articolo del prof. Barocci che ha visto poi successive repliche e prese di posizione da parte della Provincia,  dei Comuni di Scarlino e Follonica (che si sono rimproverati comportamenti non corretti nella conduzione dell’iter per la definizione del progetto per le bonifiche) e delle associazioni ambientaliste. A seguito di questo dibattito  si è tenuta una conferenza stampa il 18 febbraio in occasione della quale fu consegnata alla stampa, da parte della nostra Associazione, il seguente

COMUNICATO STAMPA DEL  18 Febbraio 2014

All’interno del programma di bonifica del territorio crediamo che la  bonifica  delle falde sia il passaggio tecnicamente  più difficile, complesso ed oneroso.  Per questo motivo non possiamo che essere favorevoli  al dibattito che si può sviluppare su questo argomento in modo poi da rendere pubblici, assieme ai dati ufficiali anche altri dati e pareri che fossero in dissonanza con questi.  Che ci sia necessità di dibattito  lo dimostrano anche le esternazioni,  che da parte di alcuni politici,  sono apparse sulla stampa questi ultimi giorni in risposta al primo articolo del prof  Barocci. Esternazioni  che ci hanno lasciato a dir poco perplessi, come se la storia passata nulla avesse insegnato su quali danni si possono creare con comportamenti superficiali e irresponsabili.

Per quanto riguarda l’aspetto economico delle bonifiche come Associazione non entriamo  nel merito. Lasciamo questo aspetto, come dibattito e gestione,   alle forze  politiche ed ai cittadini come giudizio.

A noi interessa invece  l’importanza che queste bonifiche  rivestono, se ben fatte,  per l’ambiente e di riflesso sulla salute della popolazione. Questo è per noi un punto fondamentale  ed è un altro motivo per cui siamo presenti a questo incontro.  Dispiace che, non appena avviato, il progetto di bonifica delle falde già veda prese di posizione così rigide da parte di certi amministratori.  Ci riferiamo alla poca disponibilità al dialogo, dimostrata addirittura fra amministrazioni confinanti, prima ancora che fra istituzioni e cittadini, alla scarsa capacità di ascolto e di considerazione  delle voci esterne rispetto  a quelle  dei tecnici incaricati del progetto di bonifica.

Da parte nostra seguiremo con estrema attenzione lo svolgimento di questo progetto registrando e  analizzando ogni osservazione che  venga  prodotta,  per poi riportare il nostro pensiero ai cittadini cercando di coinvolgerli e renderli partecipi intorno a questo importante problema.

Feb 102014
 

di Francesca Ferri SCARLINO Tre macchie viola scuro si allargano in cerchi concentrici color fucsia, poi rosso, poi arancio e quindi giallo. E il giallo si allunga a est e a ovest della zona industriale della piana di Scarlino, ben oltre il canale Solmine, fino a ricoprire il quartiere Cassarello di Follonica. La legenda non lascia spazio ai dubbi: la zona contaminata da arsenico nella piana di Scarlino ha oltrepassato di gran lunga i punti in cui era circoscritta fino al 2011. La tavola 4c, che pubblichiamo qui a fianco, fa parte dello studio commissionato dal Comune di Scarlino alla società Ambiente di Firenze, che si è aggiudicata la gara per studiare la situazione della contaminazione da arsenico della falda superficiale ed elaborare un progetto di bonifica. Aggiornato al 16 maggio 2013, è l’ultimo studio sulla zona ed è stato presentato lunedì in conferenza dei servizi a Scarlino (presenti Comune, Regione, Provincia, Arpat, Asl). E descrive una situazione allarmante. La tavola evidenzia tre focolai (uno a due teste) di inquinamento, indicati con il colore viola. Viola significa la più massiccia presenza di arsenico, da 800 a oltre 1200 microgrammi per litro; poi, a scendere, fucsia da 600 a 800; rosso tra 550 e 600; arancio da 350 a 550 e infine giallo da 10 a 350 microgrammi per litro. Per chi non lo sapesse già, il limite di legge per la concentrazione di arsenico nell’acqua è di 10 microgrammi per litro (nella cartina corrisponde al colore bianco). Confrontandola con la cartina che si riferisce al 2011, la differenza è evidente. In questa mappa i livelli di arsenico sono indicati con cerchietti rossi. Quelli più piccoli indicano concentrazioni di arsenico entro i 10 microgrammi per litro, cioè nella norma. Quanto alla zona verso Follonica, non risulta contaminazione. Ieri il sindaco, Maurizio Bizzarri, intervistato dal Tirreno, ha dichiarato che la zona inquinata non si era allargata. Oggi la parola va al portavoce del Forum Ambientalista, Roberto Barocci, che da anni combatte perché siano riconosciute le responsabilità sull’inquinamento della piana e denuncia i rischi per la salute connessi alla contaminazione. Anche Barocci lunedì era presente alla conferenza. E oggi rende noti i dati discussi al tavolo, che descrivono una situazione ben più grave. Barocci, a che risultato è giunto questo ultimo studio? «Gli studi precedenti, in particolare lo studio Tiezzi del 2002 e lo studio Biondi Donati del 2011, commissionato dalla Provincia, limitavano l’inquinamento all’area tra il canale allacciante a est e il canale Solmine a ovest. Rispetto a questi studi le nuove planimetrie evidenziano un allargamento dell’inquinamento, soprattutto arsenico e manganese, a tutta l’area industriale di Follonica e a una parte di Cassarello». A che livello è l’arsenico? «Nella zona storicamente più inquinata è pericolosissimo. L’arsenico è a un livello tale che basterebbe lavarsi le mani con quest’acqua per sviluppare tumori della pelle. Ma in questo caso l’ordinanza del Comune di Scarlino che ne vieta l’emungimento ai privati garantisce contro questo rischio. Purtroppo però i dati che abbiamo in quest’ultimo studio dicono che c’è un pericolo molto serio anche nel comune di Follonica». Ed è un pericolo nuovo? «Sì, nuovo da due anni a questa parte o, almeno, non precedentemente segnalato. Se poi qualcuno dice che non c’è nulla di nuovo, vuol dire che in passato non hanno segnalato una condizione pericolosa per la popolazione. E ciò sarebbe molto più grave». Che rischi corre la gente? «Nel comune di Follonica i valori sono 50 volte superiori ai limiti di legge. Ma bisogna essere onesti e non fare allarmismo: il colore giallo dice che qui l’acqua è pericolosa se si beve per molto tempo. Solo dove è segnalato il rosso significa che l’acqua è pericolosa anche per l’annaffiatura». Però la zona rossa avanza su Follonica. Perché? «Il movimento di queste falde, è dimostrato, è condizionato dai pozzi presenti nella zona di Follonica che sottraendo pressione nei punti di emungimento producono una depressione che richiama acqua. Ciò dimostra che le barriere fatte finora non hanno avuto effetto, tant’è che nel nuovo progetto sono sostituite. Che fare? È necessario che il Comune di Follonica intervenga subito e imponga il divieto all’emungimento dell’acqua. È in gioco la vita di chi la usa». Anche la contaminazione da manganese si è allargata? «Sì, e anche questo è preoccupante. Il manganese non è cancerogeno ma è comunque tossico. In alcune zone è 5 volte più alto della norma. E arriva fino alla zona sportiva». Alla fine quanto arsenico c’è nella falda? «Purtroppo storicamente si è sottovalutata la quantità di arsenico disperso negli anni dall’attività industriale di Eni. L’unico studio recente che ha quantificato la probabile dispersione di arsenico nell’area è lo studio Tiezzi del 2002 che parlava di un probabile inquinamento di 539 milioni di metri cubi d’acqua. Come dire un campo di calcio alto 53 chilometri. La nostra legislazione, purtroppo, stabilisce limiti di emissione e pericolosità solo in base al parametro della concentrazione, in questo caso i microgrammi per litro. Ma questi criteri andavano bene 50 anni fa, rispetto agli inquinanti allora in gioco, quando i “contenitori” acqua o atmosfera potevano esser considerati illimitati. Con le tecnologie di oggi non basta: non è vero che il “contenitore” è illimitato. Le tonnellate di arsenico da qualche parte vanno smaltite. Bisogna dire basta a un’impiantistica che concentra le quantità. È un problema culturale».

Fonte: Il Tirreno del 06/02/2014