Set 042014
 

Scarlino 04 settembre 2014

Ancora una volta, nel giro di pochi giorni,  il lavoro svolto con puntigliosa e documentata accuratezza dal Forum ambientalista di Grosseto ci porta a conoscenza di fatti che riguardano la gestione dei processi industriali che si svolgono sul nostro territorio.  Quanto emerge, qualora non trovasse da parte degli organi tecnici competenti una più che valida giustificazione,  sia sul piano legislativo che scientifico, sarebbe di una gravità che sgomenta.

Sarebbe gravissimo perché non si capirebbe come l’aver inviato migliaia di tonnellate di ceneri di pirite cariche di arsenico per l’Italia, pare al di fuori di tutte le regole, sia emerso solo due mesi fa con la denuncia alla Procura della Repubblica da parte dell’organo tecnico del ministero.

Cosa devono fare le  associazioni ambientaliste e i comitati locali, spesso tacciati d’essere affetti dalla “patologia Nimby” ossia “ovunque ma non nel mio cortile”? Dovranno  ringraziare la Nuova Solmine per aver effettuato un’opera di “pulizia”  e “bonifica” del territorio scaricando rifiuti tossici sulle spalle di tanti altri italiani, inconsapevoli di tutto,  fuori di qui?

Non fa parte della nostra filosofia. Prescindendo dagli sviluppi del caso Nuova Solmine, dopo i rilievi fatti da ARPAT/ISPRA, le nostre preoccupazioni, che qualcuno dovrà fugare se gli sarà possibile, riguardano il livello di cultura ambientale, senso civico e di rispetto delle regole e della salute delle persone  da parte di una certa classe imprenditoriale che tutto sembra meno che essere illuminata, affidabile e responsabile.

Ci aspettiamo risposte dalle parti coinvolte : che ci spieghino le motivazioni per le quali vengono concesse continue deroghe alle leggi esistenti, che ci dicano se la movimentazione di quantitativi  enormi di ceneri di pirite è stata in qualche modo concessa, ed in tal caso perché e con quali garanzie per la salute e l’ambiente,  o se è stata un abuso.  Che ci dicano, inoltre, se l’utilizzo di queste ceneri all’arsenico è ammissibile nell’industria del cemento senza che questo comporti danni all’ambiente e a chi in quei cementifici lavora.

Aspettiamo risposte, possibilmente attendibili e non arroganti, perché chiederle ed ottenerle crediamo sia  un diritto di ogni cittadino. Aspettiamo che le istituzioni ci dicano se sono stati commessi atti illeciti e, in questo caso, ci aspettiamo sanzioni esemplari per chi ha sbagliato o non ha fatto ciò che doveva . Ci aspettiamo , inoltre ed in misura principale, che quanto di cui oggi possiamo purtroppo solo prendere atto, serva di monito e non si ripeta più .

L’associazione
“Lavoro Ambiente e Salute”

Set 042014
 

SULLA NATURA, ma soprattutto sulla eventuale pericolosità delle ceneri di pirite si baserà l’esposto che il Forum ambientalista invierà al ministero dell’Ambiente e alla procura di Grosseto. Sotto tiro la Nuova Solmine che quelle ceneri «le ha commercializzate come sottoprodotto — unite al cemento — e vendute in varie parti d’Italia». E’ questa la nuova accusa che il Forum, rappresentato da Roberto Barocci e altri cittadini con lui, lanciano alla Nuova Solmine. E qui non si tratta di emissioni di anidride solforosa oltre i limiti di legge. Qui si parla di ceneri di pirite e, quindi, di arsenico, una sostanza altamente cancerogena.
«LE CENERI di pirite (quelle per intenderci che sono nel cosiddetto ‘panettone’ di Scarlino) — prosegue Roberto Barocci — erano classificate da tutti gli enti pubblici e dalla stessa Nuova Solmine rifiuto tossico e nocivo, prima del 1997 e poi definite rifiuto pericoloso col decreto Ronchi, sia sulla base del loro elevato contenuto di arsenico». Proprio di recente, invece, l’azienda scarlinese, nella domanda presentata al Ministero per la revisione delle prescrizioni Aia, sottolinea come «La Nuova Solmine ha sempre gestito il materiale in questione quale sottoprodotto da destinare ad altro processo produttivo, non manifestando in nessun caso l’intenzione di volersene disfare». E’ qui il punto di rottura con gli ambientalisti che sostengono come proprio la gestione delle ceneri come sottoprodotto vada contro quanto sostenuto anche dalla Corte Costituzionale.
INOLTRE, il Tribunale amministrativo del Veneto ha di recente rigettato la richiesta della società Orinoco, ex Veneta Mineriaria, che tendeva a ottenere dal giudice amministrativo che le ceneri di pirite fossero considerate un rifiuto. Riconoscimento negato a causa della pericolosità delle quantità di arsenico cedute alle acque meteorologiche e alla laguna di Venezia. Questo il quadro d’insieme, in cui non difettano le accuse di mancato controllo da parte degli amministratori pubblici. Ciò che Barocci e il suo Forum vogliono far emergenze, infatti, è la «mancanza di controllo di applicazione delle normative. Non può essere sempre la magistratura — non si stanca di ripetere Barocci — a dover intervenire, come è capitato nel caso delle emissioni di anidride solforosa sempre da parte della Nuova Solmine». I «nominati» quali amministratori che avrebbero dovuto vigilare sono l’assessore regionale Anna Rita Bramerini e il presidente della Provincia Leonardo Marras. «Non potranno dire — sottolinea Barocci — che non hanno competenza su come vengono gestiti i rifiuti. L’assessore regionale Bramerini e l’ex presidente della Provincia Marras oggi affermano che hanno sempre vigilato, dovrebbero invece confrontarsi con queste autorevoli valutazioni e giustificare il proprio silenzio, considerando che i loro dirigenti erano a conoscenza del fatto che fino al 2014 la Nuova Solmine ha continuato a trasferire con le ceneri l’arsenico in tutta Italia».
Cristina Rufini

Fonte: La Nazione del 04/09/2014

Set 022014
 

di Alfredo Faetti SCARLINO In certi campi non è così semplice dare una definizione chiara alle cose. Ad esempio, scavando nelle documentazioni che si sono accumulate nel corso dei decenni, viene fuori che la stessa materia può essere classificata sia come «rifiuto» che come «sottoprodotto», a seconda dell’uso che se ne fa. E la Nuova Solmine di Scarlino ha avuto le autorizzazioni per trattare le ceneri di pirite in entrambi i modi, anche se poi le ha sempre vendute, utilizzandole quindi come prodotto. Il doppio asso nella manica risale addirittura al 1997, all’epoca del decreto Ronchi, il primo a chiudere in uno schema ben delineato la questione rifiuti. Ma la doppia possibilità, seppur teorica, non ha convinto l’Ispra, che ha bloccato questo mercato della società in quanto «difformemente da quanto indicato nel decreto di Aia che invece le annovera tra i rifiuti destinati all’attività di recupero». Da qui è nata la nuova istanza della Solmine, con cui chiede di poter continuare a utilizzare le ceneri come sottoprodotto, che arriverà al ministero nelle prossime settimane per una decisione definitiva, sicuramente entro settembre. La discussione sull’asse Casone-Roma è già partita da tempo, con incontri tra rappresentanti della società e funzionari ministeriali per venire a capo della situazione. Dopo la denuncia del deputato Forza Italia Monica Faenzi e degli ambientalisti, sono molti gli aspetti del polverone che si è alzato. E se da una parte si aspettano gli sviluppi dell’inchiesta, dall’altra l’azienda di Luigi Mansi vuole chiudere al più presto la questione delle ceneri di pirite: non solo per dimostrare di aver fatto tutto in modo corretto, ma anche per far riprendere un mercato che, per quanto secondario nel proprio bilancio, ha un’ottima risposta, come dimostrano le pressioni a Roma di cementifici come la Buzzi Unicem e la Venezia Mineraria, che hanno stoppato la produzione ora che la Solmine non può rifornirli. Il momento decisivo per sbloccare almeno questo stallo si avrà a breve, dato che tutta la documentazione è già in mano al ministero. Un faldone che si aggira, ancora una volta, attorno ad una definizione: «mercuriali». Così sono sempre state identificate le ceneri di pirite, trattate come qualsiasi prodotto industriale fino al 1997, anno in cui l’allora ministro Edoardo Ronchi (governo Prodi) si prepara ad emettere il suo decreto, annunciato per giugno, con la sensazione che le ceneri possano passare da «prodotto» a «rifiuto». Alla Solmine così si gioca d’anticipo: chiedere l’autorizzazione in semplificata alla Provincia prima che cambi il quadro normativo, così da poter continuare a utilizzare le ceneri già pronte per il commercio. Servono 90 giorni per il rilascio di questa autorizzazione e chiederla con tre mesi di anticipo permetteva alla società di non subire interruzioni che ci sarebbero state se la richiesta fosse arrivata solo a decreto approvato. La Provincia diede l’ok, ma Ronchi spiazza tutti, stabilendo che i mercuriali che hanno mercato continueranno ad avere le stesse caratteristiche. Insomma, vendute o smaltite, l’importante è che spariscano. La società scarlinese così si trova un’autorizzazione nel cassetto che in realtà non utilizzerà mai. Arriviamo così al rilascio dell’Aia nel 2010, che definisce le ceneri un «rifiuto». O meglio, andiamo direttamente al 2011, quando il ministero richiede tutte le autorizzazioni in mano alla Solmine: quelle relativa agli scarichi, alle emissioni e appunto alla ceneri. I controllori chiedono alla società se, forte del permesso ottenuto nel ’97, abbiano mai usato questo materiale come rifiuto, che avrebbe altri tipi di costi e procedure. No, mai: assicura la società, che ne ha sempre fatto un prodotto. L’Ispra però vuole vederci chiaro in questo doppio permesso e ha bloccato il commercio.

Fonte: Il Tirreno del 02/09/2014