Ago 282014
 

di CRISTINA RUFINI
«EMISSIONI di anidride solforosa e ossido di azoto ben oltre il limite massimo consentito dalla legge e ceneri di pirite trattate come semiprodotto invece che come rifiuto». Sono queste le due contestazioni che gli ispettori dell’Ispra — quindi ministeriali — e dell’Arpa fanno alla gestione della Nuova Solmine di Scarlino e inviate alla procura della Repubblica a marzo scorso, che ha portato all’apertura di un’inchiesta coordinata dal sostituto Marco Nassi. «Il gestore — si legge nella segnalazione — ha continuato nel corso del tempo a utilizzare le ceneri di pirite in regime di sottoprodotto difformemente da quanto indicato nel decreto di Autorizzazione integrata ambientale che invece le annovera tra i rifiuti». Tutto fa capo, appunto, all’Autorizzazione che l’allora ministro dell’ambiente, Stefania Prestigiacomo, rilascia nel 2010 con tanto di decreto alla Nuova Solmine, condizionandola però al mettersi in regola coi nuovi parametri sulle emissioni voluti dalla normativa entro due anni. Viene istituita una apposita Commissione di controllo cui di fatto la dirigenza in più di un’occasione nel corso degli ultimi cinque anni chiede e ottiene proroghe per l’adeguamento. Fino al 23 maggio scorso quando, a distanza di sette anni dall’avvio del procedimento per l’ottenimento definitivo dell’Aia, l’ufficio ministeriale competente per le verifiche ha comunicato che la procedura d’esame si è conclusa, certificando che la Nuova Solmine non ha ottemperato alle prescrizioni , chiedendo nuove proroghe «senza fornire un programma di adeguamento ai limiti prescritti e ha comunicato attività di studio e non una scelta tecnica definitiva». Da qui la decisione di ritenere l’azienda «inottemperante». Di fatto, due mesi prima — a marzo — gli ispettori di Ispra e Arpa avevano già comunicato alla magistratura l’inottemperanza, rilevata nel corso dei sopralluoghi eseguiti in azienda tra il 4 e il 6 febbraio scorso.
IN PARTICOLARE è stato rilevato — come riportato nella segnalazione — «la mancata ottemperanza alle disposizioni del decreto Aia che prevedeva un termine di 24 mesi ( a partire dal 2007), per il rispetto dei valori limite per le emissioni in atmosfera, in particolare per quanto riguarda la prescrizione per il camino B1-F che convoglia i fumi derivanti dall’impianto di produzione dell’acido solforico. Di adottare tecnologie che consentano di transitare dal valore rilevato di 1.200 microgrammi per metro cubo a quello di 680, che è il massimo consentito dalla legge. Adeguamento che avrebbe dovuto essere raggiunto a febbraio 2013, come limite massimo, e non è mai stati conseguito. Gli ispettori hanno poi contestato, in merito alle ceneri di pirite, che «l’azienda trattandole come sottoprodotto ha sempre omesso di seguire le procedure tecniche necessarie e obbligatorie per la gestione di un rifiuto».

Fonte: La Nazione del 28/08/2014